martedì 20 novembre 2012

14 IL TRATTAMENTO DEGLI SPECCHIETTI PER BOCCA



Luca Martinelli



Il trattamento degli specchietti per bocca



Pubblicazione n. 15 - 20 Novembre 2012

(Estratto da "Dispense didattiche per la formazione e l'aggiornamento degli Agenti e Rappresentanti di commercio" - Luca Martinelli - Marzo 1999 - Edizione - ASA DENTAL Spa)


1. Premessa
Strumento relativamente "povero", lo specchietto è uno dei tipici strumenti fragili che crea spesso malcontento e lamentele da parte degli operatori sanitari dentali.




Ad ognuno di noi capita di ricevere reclami su specchietti che si sono rotti, graffiati o semplicemente macchiati irreversibilmente.

Nei controlli effettuati in laboratorio, su specchietti reclamati di varie marche e produzioni, si è evidenziato, con una incidenza del 95%, che i danni rilevati sono imputabili ad un non corretto

trattamento in fase di pulizia e sterilizzazione degli specchietti stessi.



2. Anatomia dello specchietto



Lo specchietto è formato da una cornice in acciaio inossidabile (1), dallo specchio (2), da un cuscinetto, generalmente in silicone (3) che ha lo scopo di non far penetrare l'acqua sotto lo specchio stesso e naturalmente da un gambo filettato (4) per poter porre lo specchietto sul manico.






2.1 Le tipologie

Gli specchietti per bocca più venduti e quindi più presenti negli studi dentistici sono, a prescindere dal tipo di gambo, di due tipi:




1- A riflessione dorsale; (Fig. A)



2- A riflessione frontale. (Fig. B)




Nel primo caso ( specchietto definito “normale” ) abbiamo uno specchio il cui fondo color argento è generalmente ricoperto in alluminio ( deposito superficiale ); in questo caso l’immagine (IM) deve prima attraversare la parte “trasparente” dello specchio (1) per poi essere riflessa dalla base argentea (2).

In questo sistema si hanno delle leggerissime riflessioni latenti (3) provocate dalla superficie esterna dello specchietto, trasparente, che rendono meno nitida l’immagine osservata.




Nel secondo caso ( specchietto definito “rodiato” ) lo specchio ha la sua faccia riflettente (1) proprio sulla superficie esterna dello specchietto.


Si consideri che ad oggi i materiali di deposito superficiale possono essere anche altri rispetti al rodio (Es. titanio).



La faccia esterna dello specchio (2) è infatti ricoperta ( deposito superficiale ) con rodio; questo permette all’immagine (IM) di essere riflessa immediatamente senza riflessioni date dalla



superficie anteposta alla effettiva faccia riflettente.



3. Il trattamento
Dopo ogni uso lo specchietto, così come tutti i dispositivi medici riutilizzabili, deve assolutamente essere pulito e sterilizzato.


Per evitare che lo specchietto si danneggi è opportuno seguire per ogni tipo di procedura alcuni accorgimenti.



3.1 Disinfezione:

Immergere gli specchietti in una soluzione disinfettante idonea a

quell’uso;


Attenersi strettamente alle concentrazioni ed ai tempi di disinfezione indicate dal produttore della soluzione disinfettante.


3.2 Pulizia: 

Dopo la disinfezione sciacquare molto bene gli specchietti residui di soluzione disinfettante;



In caso di residui “resistenti” utilizzare uno spazzolino morbido;



comunque non utilizzare mai strumenti o soluzioni abrasive in particolar modo su specchietti con deposito superficiale (rodio ecc.);



Asciugare perfettamente gli specchietti dopo il lavaggio.



In ogni caso evitare assolutamente l’uso degli ultrasuoni.



3.3 Sterilizzazione: 

Gli specchietti possono essere sterilizzati con più sistemi di

sterilizzazione tuttavia per una maggior durata i sistemi da preferire, quando si può scegliere in sicurezza, in ordine di priorità sono:


Aria calda (180°);



Bollitore;



Sistema chimico;



Autoclave.



Il raggiungimento della sterilizzazione dello specchietto deve essere certa perciò la scelta del metodo di sterilizzazione è da effettuarsi sulla base di questo principio cioè a dire che metodi alternativi ad esempio all'autoclave a vapore saturo devono essere  preferiti solo se vi è oggettiva garanzia di raggiungimento della sterilità che rimane prioritaria rispetto alla salvaguardia della vita (durata nel tempo) dello strumento.



Prima di inserire negli sterilizzatori lo specchietto, questo deve essere assolutamente ben asciutto e privo di residui di soluzioni chimiche od altri residui ; questo per evitare incrinature, macchie o

corrosione.



Non superare mai la temperatura di 200° C.


giovedì 8 novembre 2012

13 IL REPROCESSING DEGLI STRUMENTI DENTALI MANUALI A IN ACCIAIO RIUTILIZZABILI

Luca Martinelli 

Il reprocessing degli strumenti dentali a mano in acciaio riutilizzabili 
(Revisione del paragrafo 5 del testo "Informazioni sul trattamento e conservazione degli strumenti dentali" - Luca Martinelli - Marco Nesti - Settembre 2006 - Edizione ASA DENTAL - Dental X)

Pubblicazione n. 13 - 08 Novembre 2012



Premessa 
La norma UNI EN 1639 definisce lo strumento dentale a mano “Strumento dentale progettato e fabbricato per funzionare in risposta al movimento manuale dell’operatore senza nessun’altra fonte di energia”. 

In questo breve testo indicheremo, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, un protocollo di massima per un corretto trattamento degli strumenti dentali a mano con riferimento all’uso dell’autoclave. 

Il trattamento della strumentazione ha certamente l’obiettivo di ottenere una corretta sterilizzazione dello strumento e di mantenerne la sua sterilità fino al momento dell’utilizzo 
ma ha anche l’obiettivo di garantire le caratteristiche meccaniche dello strumento conformi alla sua destinazione d’uso, obiettivo che intrinsecamente consegue anche un positivo risultato economico per l’odontoiatra; il mantenimento inalterato delle caratteristiche dello strumento, e quindi in generale un suo corretto trattamento, ne prolunga infatti anche la sua vita di servizio rimandando nel tempo un nuovo acquisto. 

Il processo di sterilizzazione è quindi una serie di sottoprocessi ognuno dei quali, se non ben eseguito, potrebbe pregiudicare il raggiungimento ed il mantenimento della sterilità degli strumenti processati, la loro integrità strutturale ed anche i costi di gestione dello studio odontoiatrico. 

Alcuni dei processi sotto indicati sono comuni a quasi tutti i tipi di sistemi di sterilizzazione, in ogni caso le indicazioni fanno principalmente riferimento al sistema che a tutt’oggi risulta essere il più usato e conosciuto e cioè il processo di sterilizzazione in autoclave mediante vapore saturo. 

1 Preparazione dell’area di sterilizzazione 
Prima di iniziare le operazioni di trattamento dello strumento è necessario approntare un’area di sterilizzazione, cioè uno spazio dedicato a tutte quelle operazioni indispensabili alla sterilizzazione, separata da altre zone dello studio dove sia possibile, in tutta libertà e sicurezza, avere a disposizione tutto il necessario a svolgere le operazioni preparatorie alla sterilizzazione. 

Non è necessario approntare un apposita stanza di lavoro ma è opportuno individuare ed utilizzare una precisa area destinata sempre a quello scopo, l’area dedicata alle operazioni di decontaminazione di preparazione alla disinfezione e pulizia (disinfezione immediata dopo l’uso – risciacquo ecc.) dovrà essere separata dall’area dedicata alle successive operazioni. 

Questa area di lavoro dovrà avere superfici integre, lisce e facilmente lavabili; dopo le operazioni eseguite per il reprocessing le superfici dovranno essere lavate e disinfettate come del resto dovrebbe essere fatto per tutte le superfici ambientali dello studio odontoiatrico che potenzialmente possono essere entrate in contatto con agenti infettanti. 

Per l’allontanamento dal punto d’uso, in particolare se il punto d’uso si trova in un luogo distante dal luogo di sterilizzazione, si dovrà procedere con le stesse modalità indicate al punto “Preparazione alla disinfezione e pulizia” e con modalità e dispositivi di protezione individuale idonei a garantire la protezione dell’operatore. 

La strumentazione dovrà essere fissata, ad esempio utilizzando le cassette forate con griglie bloccanti utilizzate anche per la sterilizzazione, per evitare che gli strumenti si urtino, e quindi danneggino, durante il trasporto. 

I contenitori per il trasporto dovranno essere in materiale antiurto ed avere chiusura di sicurezza per evitare aperture accidentali e/o perdite di liquidi. 

Il contenitore dovrà recare bene in vista il simbolo grafico “Rischio biologico” di contaminazione, indicare cosa contiene, da dove viene e dove va (Es. nome ed indirizzo della struttura di provenienza e di destinazione, numeri di telefono) e dovrà essere maneggiato esclusivamente da personale formato a tale scopo. 

Anche l’apertura del contenitore e prelievo della strumentazione, ed operazioni successive di trattamento, dovranno essere effettuate esclusivamente da personale formato a tale scopo. 

Dopo l’uso il contenitore andrà lavato e disinfettato nei modi e con le stesse attenzioni per la strumentazione. 

2 Decontaminazione 
Come noto è di fondamentale importanza, per eseguire una corretta sterilizzazione, conoscere la carica microbica iniziale di uno strumento da sottoporre a sterilizzazione, generalmente una carica microbica uguale od inferiore a 10² CFU/100 cm² (CFU = unità formanti colonie) è compatibile con i processi di sterilizzazione più comuni come la sterilizzazione mediante vapore saturo, vapore chimico, ossido di etilene ecc.. 

Purtroppo la pratica della procedura di valutazione della popolazione di microrganismi sul prodotto (norme di riferimento, UNI EN 1174-1, -2 e -3), la competenza necessaria ed anche le strutture necessarie al rilevamento del bioburden, molto difficilmente sono compatibili con l’attività di uno studio odontoiatrico, per questa ragione quando ci si trova nell’impossibilità di indagare il bioburden iniziale degli strumenti da sottoporre a sterilizzazione, è di fondamentale importanza la considerazione che il processo di sterilizzazione inizia, virtualmente, dal momento della decontaminazione; solo il rigoroso rispetto delle fasi precedenti alla sterilizzazione garantisce infatti una carica microbica iniziale bassa e, in relazione ad essa, la probabilità di uccidere tutti i microrganismi presenti aumenta significativamente, rimane comunque indispensabile eseguire la convalida, e quindi verifica, della sterilizzazione. 

D’altro canto anche una “dichiarazione del bioburden” fornita da parte del fabbricante sarebbe una indicazione del tutto inutile, per quanto infatti gli imballaggi siano concepiti per mantenere un livello di pulizia accettabile gli strumenti riutilizzabili sono immessi sul mercato in confezioni non necessariamente sigillate; questi sono poi soggetti a ripetuti maneggiamenti durante i trasferimenti fra fabbricante e grossista fra grossista e deposito o studio odontoiatrico, possono essere soggetti a più visionamenti da parte di operatori commerciali o sanitari e quindi anche soggetti a diversi cambiamenti delle condizioni ambientali del loro temporaneo immagazzinamento. 

La decontaminazione è una operazione che comprende quattro processi e più precisamente: 

- la Preparazione alla disinfezione e pulizia, la Pulizia, la Disinfezione e l’Asciugatura 

Preparazione alla disinfezione e pulizia: 
Immediatamente dopo l’uso sul paziente gli strumenti riutilizzabili devono essere disinfettati ponendoli in soluzioni di riconosciuta efficacia anche sull’HIV per abbattere il rischio infettivo del personale, bisogna quindi evitare di far “seccare” i residui di lavorazione sulla strumentazione per non compromettere l’efficacia della disinfezione e sterilizzazione e per evitare fenomeni corrosivi sullo strumento, si ricorda che molti prodotti da odontoiatria d’uso sul paziente hanno effetti corrosivi e sarebbe opportuno eliminarli il prima possibile dallo strumento. 

Gli strumenti smontabili, o comunque articolati, andranno aperti in maniera che il disinfettante possa andare in contatto con tutte le loro parti. 

Per evitare il fissaggio di proteine i prodotti per la pre-disinfezione devono essere una combinazione fra disinfettante e detergente, in nessun caso il liquido dovrà essere ad esempio una soluzione fisiologica di cloruro di sodio perché il contatto, anche relativamente lungo, con gli strumenti porta a fenomeni corrosivi e formazione di ruggine. 

Evitare in ogni caso tempi lunghi (una notte, un fine settimana…). 

Le soluzioni detergenti/disinfettanti vanno rinnovate quotidianamente perché l’uso prolungato di queste soluzioni può comportare il rischio di corrosione a causa dello sporco presente nella soluzione o per un aumento di concentrazione della soluzione provocato dall’evaporazione dell’acqua, inoltre lo stesso potere disinfettante potrebbe sensibilmente diminuire fino a divenire inefficace. 

A riguardo della sicurezza dell’operatore va ricordato che l’immersione immediata degli strumenti, dopo l’uso sul paziente, nel disinfettante è un intervento di efficacia limitata per cui, come già accennato, è opportuno che anche in questa fase l’operatore operi in condizioni di protezione indossando appunto idonei dispositivi di protezione individuale. 

Pulizia: 
Dopo aver rimosso gli strumenti dalle soluzioni detergenti/disinfettanti, questi vanno abbondantemente sciacquati con acqua corrente, per la rimozione di eventuali residui resistenti si dovrà spazzolare lo strumento, NON con spazzolini o spugne di 
metallo poiché queste danneggiano lo strumento, preferibilmente con spazzolini o spugnette a base di nylon; gli spazzolini e/o spugnette che si intenderanno riutilizzare andrebbero anch’essi, successivamente all’uso, lavati, disinfettati e sterilizzati. 

Per il lavaggio degli strumenti satinati (anche vassoi ecc.) si dovrà avere l’accortezza di eseguire movimenti che seguano il senso della satinatura. 

In tutti i casi da evitare detergenti abrasivi ed una eccessiva pressione manuale, allo 

stesso tempo si dovrà fare molta attenzione a non urtare o far cadere gli strumenti; è opportuno l’impiego di detergenti, preferibilmente di natura enzimatica, non corrosivi. 

Per evitare infine la possibilità di macchie d’acqua sarebbe opportuno effettuare l’ultimo risciacquo con acqua demineralizzata eseguendo, immediatamente dopo, l’asciugatura. 

La pulizia in ultrasuoni risulta particolarmente efficace nella eliminazione di sporco di 

difficile rimozione tuttavia richiede un’attenzione particolare affinché gli strumenti non siano posti uno contro l’altro, che i cestelli non siano sovraccaricati e soprattutto si deve evitare di inserire strumenti particolarmente delicati, come ad esempio gli specchietti per bocca, che verrebbero sicuramente danneggiati. 

Il processo di pulizia può essere effettuato anche con macchina lavatrice o meglio con termo disinfettore, in questo caso i detergenti/disinfettanti dovranno essere privi di schiuma; esiste poi un prodotto (chiamato latte lubrificante) che svolge contemporaneamente la funzione di lubrificante ed antiossidante. 

I trattamenti con i termodisinfettori possono essere di tipo termico o chimico-termico, potendo scegliere è preferibile il trattamento termico. 

I programmi di lavaggio dovranno comprendere il ciclo di prelavaggio, senza impiego di detergenti o disinfettanti, il ciclo di pulizia (temperatura compresa fra 40 e 60°C), il primo lavaggio, con impiego di soluzioni, il secondo lavaggio con sola acqua, la disinfezione termica (temperatura compresa fra 80 e 90°C) con risciacquo finale con acqua possibilmente demineralizzata e quindi l’asciugatura. 

Per non rendere poi inefficace il trattamento la macchina dovrà essere caricata in maniera corretta cioè senza sovraccarichi di strumentazione e senza uso di supporti estranei a quelli forniti in dotazione alla macchina stessa. 

Gli strumenti andranno caricati tenendo conto della loro forma e non andranno forzati, quelli articolati dovranno essere inseriti aperti mentre gli strumenti delicati (es. sonde, curettes ecc.) andranno fissati in appositi supporti per evitare colpiture. 

Statisticamente il processo a tutt’oggi maggiormente utilizzato risulta comunque essere il lavaggio manuale tuttavia anche se questi risulta ancora oggi quello maggiormente utilizzato il trattamento automatico dello strumentario rappresenta una premessa imprescindibile per la qualità del risultato in termini di sicurezza. 

Le stesse norme in materia obbligano a lavare e disinfettare gli strumenti secondo procedure convalidate e documentabili e solo i trattamenti automatici, in apposite macchine speciali, possono garantire la piena soddisfazione di questi requisiti. 

Le stesse raccomandazioni di autorevoli istituti di ricerca quali ad esempio l’istituto Robert Koch di Berlino elencano tra i requisiti in termini di igiene, anche la necessità di trattare lo strumentario a macchina piuttosto che a mano. 

Nelle apposite macchine gli strumenti vengono lavati, disinfettati e asciugati in un sistema chiuso e solo con questo procedimento si soddisfano i requisiti fondamentali che il trattamento degli strumenti deve rispettare in ambito odontoiatrico, ovvero sicurezza, convenienza e documentabilità. 

Disinfezione ed asciugatura: Dopo aver asciugato gli strumenti questi vanno immersi in una soluzione disinfettante (ovviamente diversa da quella utilizzata per l’immersione immediatamente dopo l’uso sul paziente) da mantenersi rinnovata, e successivamente, cioè dopo aver atteso i tempi necessari al raggiungimento della disinfezione, vanno risciacquati con acqua demineralizzata, decontaminata, ed asciugati subito dopo. 

L’asciugatura deve essere effettuata in modo molto accurato utilizzando dove possibile il calore o materiali per asciugatura non contaminati, è possibile l’asciugatura con aria compressa purché questa sia filtrata. 

La perfezione dell’asciugatura è di fondamentale importanza per non compromettere la corretta ed indispensabile esposizione degli strumenti all’agente sterilizzante. 

Relativamente alle sostanze disinfettanti anche in questo caso valgono le raccomandazioni indicate al punto “Decontaminazione”. 

3 Ispezione, Manutenzione e Test 
Tutti gli strumenti devono essere ispezionati accuratamente ed esclusi immediatamente dal servizio se si ha anche il solo dubbio che abbiano alterate le loro caratteristiche originali e devono risultare perfettamente puliti in maniera macroscopica. 

Gli strumenti articolati (portaghi, pinze da estrazione, pinze emostatiche, forbici ecc. ecc.) 

devono essere lubrificati nelle loro articolazioni con prodotti sterilizzabili (Es. olio di paraffina previsto dalla Farmacopea Europea o latte lubrificante); l’impiego di questo prodotto ha lo scopo di prevenire le corrosioni provocate dall’attrito esercitato nelle articolazioni. 

I lubrificanti devono essere biocompatibili ed idonei alla permeabilità del vapore; sarebbe opportuno non utilizzare sostanze contenenti silicone in quanto potrebbero ostacolare la scorrevolezza negli strumenti e compromettere l’azione di sterilizzazione a vapore. 

Devono poi essere effettuati dei test per verificare il corretto funzionamento e questi possono essere più o meno semplici come verificare l’apertura e chiusura a ripetizione dei portaghi. 

4 Packaging 
Lo scopo del confezionamento è quello di mantenere lo strumento sterile fino al momento del suo utilizzo, cioè fino all’apertura della confezione. 

Il materiale deve permettere una corretta rimozione dell’aria e permettere a sua volta la penetrazione dell’agente sterilizzante che andrà a contatto con la superficie dello strumento. 

Esistono diversi tipi di materiali da confezionamento di cui indubbiamente il più comune è l’accoppiato carta-con film laminato di poliestere/polipropilene, non delaminabile, sotto forma di buste, buste autosigillanti e rotoli. 

Altri tipi possono essere i fogli in carta “medical grade”, accoppiati Tyvek poliestere (buste o rotoli solo per ETO e Gas Plasma), TNT od anche container (in acciaio, alluminio o particolari materiali plastici) dotati di guarnizione e filtri (sia in carta sia in tessuto) ma ciò che più conta è che una confezione deve comunque essere impermeabile a batteri ed umidità, resistente a sufficienza da non rompersi durante le manovre di confezionamento, sterilizzazione e stoccaggio e quindi risultare sicura, pratica ed economica caratteristiche ben assolte dall’accoppiato carta + laminato di poliestere/polipropilene. 

Fatta eccezione per le autoclavi passanti, cioè quelle autoclavi utilizzate nelle sale operatorie dove dalla sub-sterilizzazione si va direttamente alla sala operatoria, con le quali si esegue la sterilizzazione lampo (134°C per 4 minuti) gli strumenti devono essere imbustati, impacchettati o comunque posti in appositi contenitori per il mantenimento della sterilizzazione. 

E’ da sottolineare che la Flash sterilization (sterilizzazione lampo) sarebbe da limitare a situazioni di emergenza o comunque, ammesso che ciò sia conveniente, per sterilizzare strumenti destinati solo ed esclusivamente ad uno stesso paziente durante il medesimo intervento. 

Come abbiamo detto il materiale da confezionamento più utilizzato sono le buste e rotoli in accoppiato carta-materiali plastici è per questo opportuno ricordare che dentro ad essi non vengano inseriti troppi strumenti per poter lasciare spazio a sufficienza fra di essi cosi da permettere un corretto passaggio dell’agente sterilizzante. 

E’ sicuramente utile che su buste e rotoli si esegua una doppia saldatura di chiusura per maggior sicurezza tuttavia è da evidenziare che il doppio confezionamento (doppia busta) non prolunga ulteriormente, contrariamente a quanto pensato, i tempi di mantenimento della sterilità e quindi i tempi di stoccaggio. 

5 Sterilizzazione 
Come abbiamo già indicato, a tutt’oggi il sistema di sterilizzazione più utilizzato è l’autoclave a vapore saturo ed è quindi in riferimento a questo che andremo a vedere le operazioni da svolgere. 

Il principio di questo sistema di sterilizzazione si basa sul rapporto fra temperatura, pressione e volume, la temperatura ha lo scopo di sterilizzare, il vapore saturo distribuisce il calore in maniera uniforme sullo strumento (per lo scambio termico) e la pressione serve ad aumentare il calore latente di evaporazione dell’acqua. 

Il vapore infatti entrando in contatto con lo strumento, che si trova a temperatura inferiore, cede ad esso il suo calore creando una condensa su di esso aumentandone contemporaneamente la temperatura. 

Il fenomeno di condensazione, e quindi di trasmissione della temperatura, agisce sui microrganismi in maniera letale. 

Lo scambio termico continua progressivamente fino a che temperatura dello strumento e temperatura del vapore raggiungono un equilibrio, a quel punto cessa la formazione di condensa. 

Altri fattori, come ad esempio l’espulsione dell’aria dalla camera, non fanno parte di per se del processo fisico di sterilizzazione mediante vapore saturo, aiutano tuttavia a diminuire sensibilmente il rischio di ombre di sterilizzazione provocate da sacche d’aria e favoriscono la sterilizzazione di strumenti cavi. 

I cicli di sterilizzazione generalmente raccomandati con le autoclavi (esempio relativo ad autoclave a vapore saturo con vuoto frazionato) sono con temperature di 134°C, con un tempo di esposizione di 7 minuti e pressione di 2,1 bar e 121°C, con tempo di esposizione di 15 minuti e pressione di 1,1 bar (Medical Device Agency – 1997); i tempi di esposizione si riferiscono con macchina a regime ovvero con valori di temperature e pressione già raggiunti. 

E’ invece da sottolineare particolarmente l’importanza del ciclo di asciugatura per gli strumenti imbustati, questa infatti, se non perfettamente eseguita potrebbe compromettere non solo l’integrità dello strumento innescando fenomeni corrosivi, ma anche il mantenimento stesso della sterilità in quanto l’acqua, o piccolissime parti di essa, potrebbe dar luogo alla formazione di batteri, questo subdolo fenomeno potrebbe quindi porre il medico in condizione di trasmettere eventuali infezioni al paziente. 

Controlli di processo: Per verificare il corretto processo di sterilizzazione è naturalmente necessario effettuare dei controlli. 

La verifica del corretto funzionamento del processo di sterilizzazione può essere effettuato mediante la verifica dei parametri fisici, chimici e biologici. 

Il controllo dei parametri fisici è possibile effettuarlo mediante la strumentazione dell’autoclave cioè attraverso gli indicatori di pressione, temperatura, tempo ecc., è auspicabile che l’autoclave sia sottoposta a periodica taratura presso un laboratorio abilitato. 

Il controllo dei parametri chimici viene effettuato mediante indicatori che potremmo suddividere in “Indicatori di processo” (Es. gli indicatori in inchiostro apposti sulle buste o rotoli) che reagiscono semplicemente all’esposizione della temperatura senza fornire indicazione sulla più o meno completezza od efficacia del ciclo di sterilizzazione e che in pratica consentono solamente di distinguere buste già sterilizzate da buste ancora da sterilizzare; vi sono poi gli “Integratori di processo”, solitamente utilizzati per la 
sterilizzazione di parti impiantabili, che indicano ad esempio anche se il vapore è passato all’interno della confezione; vi sono in ultimo degli “Indicatori multiparametro”, utilizzati anch’essi piuttosto di rado, come i precedenti integratori, sono fabbricati per reagire con più parametri di criticità del processo. 

Il controllo dei valori biologici è ritenuto il controllo maggiormente diffuso per valutare l’efficacia del processo. 

Questi test integrano oltre ai fattori tempo/temperatura, fattori che influenzano la disattivazione biologica; in questo caso vengono utilizzati dei campioni standardizzati (secondo le norme serie UNI EN 866 dalla parte -1 alla parte -8) di microrganismi in forma di spora. 

La norma UNI EN 556-1:2002 indica che la prova che un dispositivo medico è sterile proviene dalla convalida iniziale del processo di sterilizzazione e le successive riconvalide che dimostrano l’accettabilità del processo e le informazioni raccolte durante il controllo e i monitoraggi sistematici che dimostrano che il processo convalidato è stato eseguito nella pratica. 

La norma indica anche che il conseguimento della sterilità è predetto dal livello di carica microbiologica sui prodotti, dalla resistenza dei microrganismi comprendenti tale carica microbiologica e dall’estensione del trattamento imposto durante la sterilizzazione. 

6 Stoccaggio 
Per non compromettere la barriera antimicrobica rappresentata dalla confezione, questa dovrà essere stoccata in luoghi privi di polvere, umidità od anche aria contaminata e comunque prima di stoccare i dispositivi ci si dovrà ben accertare che non siano presenti accidentali aperture (buchi, strappi ecc.) nella confezione, operazione in vero da compiere anche prima dell’utilizzo dello strumento sul paziente. 

La strumentazione dovrà quindi essere conservata in un’apposita area, rappresentata da un ambiente ben chiuso e pulito (ad esempio un armadio facilmente pulibile riservato solo agli strumenti da stoccare) con temperatura compresa fra i 18 e 22° e con umidità relativa compresa fra il 35 ed il 50%. 

La non corretta conservazione degli strumenti non compromette solo il mantenimento della sterilità ma compromette anche lo strumento stesso in quanto la condensa provocata da sbalzi termici, agenti esterni od altro potrebbe attivare un processo corrosivo sullo strumento. 

Durata della sterilità: Il tempo di mantenimento della sterilità è certamente condizionato anche dalle modalità di movimentazione e di immagazzinamento delle confezioni ma il condizionamento maggiore è dato proprio dal materiale utilizzato per il confezionamento. 

Facendo alcuni esempi vediamo che le confezioni eseguite in: 

- Carta-poliestere/polipropilene possono mantenere una durata della sterilità valutabile in 60gg se mantenuti in un armadio chiuso; 
- Accoppiato Tyvek/poliestere, secondo quanto indicato dai fabbricanti, addirittura 2 anni; 
- Carta Medical Grade e TNT 25/30gg; 
- Container con guarnizione e filtro 25/30gg. 

Per ragioni precauzionali sarebbe opportuno non superare mai i trenta giorni di stoccaggio tuttavia questo tempo sarebbe opportuno ridurlo al minimo necessario anche per ragioni economiche. 

Se si ipotizza infatti l’uso di uno strumento ogni soli 30 od addirittura 60 giorni, questo significherebbe non solo il dover avere a disposizione una elevata quantità di strumenti ma che questi verrebbe comunque scarsamente utilizzato divenendo così poco produttivo e di conseguenza, a causa della sua scarsa produttività, aumenterebbe l’ammortizzamento dei costi. 

E’ poi da mettere in evidenza che al momento della sterilizzazione degli strumenti il dentista diviene in un certo senso egli stesso un “fabbricante di dispositivi medici forniti sterili” e deve quindi egli stesso redigere delle procedure ed effettuare delle prove di convalida anche relativamente alle modalità di conservazione degli strumenti, deve dare cioè evidenza che le sue modalità (metodi, materiale, attrezzature ed ambiente) di conservazione mantengono oggettivamente lo strumento sterile fino al suo utilizzo. 

7. Note sugli strumenti plastici 
Gli strumenti fabbricati per intero o contenenti alcune parti in materiale plastico sono notoriamente termosensibili e quindi da sterilizzare a freddo o con sistemi che permettono l’impiego di basse temperature (Es. ossido di etilene, Gas Plasma, ozono), questi materiali hanno però caratteristiche e resistenze ben diverse; vediamo un esempio riferito a due dei materiali “limite” che possono essere sterilizzatati in autoclave. 

PTFE 
Il PTFE (Politetrafluoroetilene) è forse meglio conosciuto con il nome commerciale ad esempio di Teflon, Fluon, Algoflon, Hostaflon ecc. prodotti commerciali ai quali vengono per altro aggiunti alcuni componenti stabilizzanti e fluidificanti per permetterne migliori possibilità applicative come ad esempio il rivestimento delle padelle antiaderenti da cucina; il PTFE sopporta temperature superiori ai 200° ed è peraltro molto resistente agli agenti chimici. 

I dispositivi, o parti di esso, realizzati con questo materiale resistono quindi ai termodisinfettori più potenti, che hanno cicli di disinfezione che raggiungono i 95° e cicli di essiccazione che possono raggiungere i 115°, ed ai cicli più severi dell’autoclave, autoclave che, se correttamente tarata e regolarmente controllata, non dovrebbe raggiungere temperature superiori ai 136°. 

Policarbonato 
Un materiale spesso utilizzato in odontoiatria è il policarbonato; lo si trova ad esempio quale materiale di costruzione per alcuni tipi di porta impronta od ancora con spessori inferiori, sotto forma di bottone quale utilissimo sistema di codifica della misura applicato
sulle porta impronta in acciaio. 

Questo tipo di materiale deve essere trattato con attenzione poiché è un materiale che 


resiste al calore fino ad un massimo di 140°, perciò si deve essere sicuri di avere una temperatura dell’autoclave realmente sotto controllo, principio questo che vale in realtà per qualsiasi strumento fabbricato in qualsiasi materiale, e soprattutto evitare su di esso l’utilizzo di solventi, anche naturali, od altre sostanze chimiche aggressive per la pulizia o per la disinfezione; in ogni caso qualsiasi sostanza si utilizzi deve essere accuratamente risciacquata da ogni parte della sua superficie visibile ed eventuale interfaccia di contatto od accoppiamento con altri materiali.

8. Trattamento degli strumenti in alluminio

Premessa 
Le presenti indicazioni fanno riferimento alla sterilizzazione mediante vapore saturo (autoclave a vapore/pressione/calore). 

- Gli strumenti in alluminio sono danneggiati dai detergenti e dalle soluzioni alcaline (pH > 7). 

- Gli strumenti in alluminio sono soggetti a corrosione da trasferimento ionico di metalli per cui vanno sempre sterilizzati separatamente da strumenti realizzati in metalli diversi all’alluminio. 

- Gli strumenti in alluminio sono generalmente meno resistenti sia da un punto di vista della resistenza meccanica sia da un punto di vista della resistenza agli agenti chimici e sia da un punto di vista della resistenza al calore rispetto agli strumenti in acciaio; dopo alcuni cicli di sterilizzazione è possibile una più o meno graduale perdita della colorazione ed una perdita di altri depositi superficiali come ad esempio teflonature o particolari vernici antiaderenti. 

Reprocessing 
0. Preparazione dell’area di sterilizzazione: 

Per la preparazione dell’area di sterilizzazione valgono le stesse raccomandazioni per gli strumenti dentali a mano riutilizzabili in acciaio. 

1 Decontaminazione: 

1.1 Preparazione alla disinfezione e pulizia: 

Utilizzare disinfettanti/detergenti idonei all’impiego sull’alluminio ed in ogni caso con ph neutro. 

1.2 Risciacquare con acqua possibilmente distillata. 

1.3 Pulizia: 

1.4 NON utilizzare il lavaggio con ultrasuoni; 

1.5 NON utilizzare spazzole in metallo ma solo in materiale plastico e morbido; 

1.6 NON utilizzare sostanze e/o detergenti abrasivi; 

1.7 Eseguire accuratamente il risciacquo dalla soluzione disinfettante/detergente con acqua distillata; 

1.8 Asciugare perfettamente gli strumenti, se l’asciugatura avviene per mezzo di aria calda non superare temperature superiori a 130°C; 

1.9 Per la eventuale pulizia con termo-disinfettore accertarsi che l’acqua utilizzata per la pulizia, lavaggio e risciacquo sia Desalinizzata (solo il prelavaggio può essere effettuato con acqua corrente), anche in questo caso l’asciugatura ad aria non deve superare i 130°C, si raccomanda il ciclo con due risciacqui per meglio garantire la rimozione di eventuali residui alcalini; 

1.10 Disinfezione ed asciugatura: 

1.11 Dopo aver asciugato perfettamente gli strumenti questi vanno immersi in soluzione disinfettante con ph neutro; 

1.12 Risciacquare con acqua demineralizzata; 

1.13 Asciugare perfettamente gli strumenti, se l’asciugatura avviene per mezzo di aria calda non superare temperature superiori a 130°C; l’aria dovrebbe essere filtrata; 

2 Ispezione manutenzione e test: 

2.1 Valgono le stesse raccomandazioni per gli strumenti dentali a mano riutilizzabili in acciaio inossidabile; 

3 Packaging: 

3.1 Valgono le stesse raccomandazioni per gli strumenti dentali a mano riutilizzabili in acciaio inossidabile; 

4 Sterilizzazione: 

4.1 Fatto salvo le avvertenze valgono le stesse raccomandazioni per gli strumenti a mano riutilizzabili in acciaio inossidabile; 

5 Stoccaggio: 

5.1 Valgono le stesse raccomandazioni per gli strumenti dentali a mano riutilizzabili in acciaio inossidabile.

9 CENNI SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE CARIE

Luca Martinelli



Cenni sulla classificazione delle carie




Pubblicazione n. 9 - 08 Novembre 2012



1. CLASSIFICAZIONE DELLE CARIE

1.1 I diversi criteri di classificazioni 

Le carie sono classificate in base a diversi criteri, ne esistono almeno una decina di tipi diversi che ne stabiliscono un suo status e che, solo per conoscenza generale, vanno ad esempio in base alla localizzazione anatomica, progressione della lesione, numero di facce coinvolte ecc. ecc. .


1.2 La classificazione secondo Black
Agli inizi del secolo un dentista americano, Green Vardimar Black, classificò i diversi tipi di carie che si possono rilevare nella bocca di un paziente con denti cariati.

La più conosciuta e la più utilizzata ad oggi è proprio la classificazione secondo Black.

2 LE CLASSI DI BLACK
La classificazione è relativa alla carie tuttavia oggi si usa spesso il termine "cavità" (sempre in riferimento alla carie).

L'attribuzione della classe è definita sia come numerazione romana (Es. I classe, II classe ecc.) sia come numerazione "normale" (Es. 1^ classe oppure classe 1 ecc.).

In ultimo quasi sempre si trovano spiegazioni che indicano solamente 5 classi anziché 6, questo probabilmente perché la VI classe difficilmente si presenta oggi come intesa da Black o semplicemente perché la lesione quasi sempre coinvolge anche altre porzioni di dente da provocare il "cambio" di classe. 

Oltre ad una sommaria descrizione aggiungiamo alcune illustrazioni che, come le definizioni, sono di carattere esemplificativo ma non esaustivo.


I classe (o di classe 1)
Carie con cavità situata sulla parte masticatoria, in pratica sui solchi e fossette delle superfici occlusali e sui forami chiechi, sia vestibolarmente sia lingualmente dei diatrorici; fossette linguali di incisivi e canini.




Fig. 1

II classe (o di classe 2) 
Carie situata sulle parti interprossimali dei diatorici.



Fig. 2

III classe (o di classe 3)
Carie situata sulle parti interprossimali dei frontali ed angolari (escluso l'interessamento delle parti angoloincisali)


Fig. 3

IV Classe (o di classe 4)
Carie situata interporssimalmente sull'angolo incisale e/o sul margine libero dei frontali ed angolari.



 

Fig. 4



V classe (o di classe 5)
Carie situata al colletto dei diatorici o dei frontali ed angolari.

 

Fig. 5

VI classe (o di classe 6)
Carie situata sul margine incisale dei frontali o sulla cuspide dei canini e diatorici.

 

Fig. 6

12 LO STRETCHING MANDIBOLARE

Daniele Tonlorenzi - Luca Martinelli

Lo stretching mandibolare

Pubblicazione n. 12 - 09 Novembre 2012



1. LO STRETCHING

1.1 Stretching muscolare
Lo stretching è una metodologia di allungamento dei muscoli già ampiamente conosciuta nella medicina tradizionale. Utilizzata in larga parte nelle riabilitazioni post operatorie è conosciuta ai più per le sue applicazioni nella pratica sportiva; lo stretching muscolare, infatti, permette di compiere più agevolmente i movimenti, con ampiezza maggiore oltre, naturalmente, a prevenire strappi.

Ad oggi i due tipi di stretching più utilizzati sono lo stretching statico, dove si tiene una posizione fissa mantenendo allungato il muscolo per qualche secondo, e lo stretching dinamico dove invece si compiono ripetutamente movimenti di apertura e chiusura dell’articolazione praticando quasi la massima estensione possibile per poi tornare alla posizione di riposo.

1.2 Stretching odontoiatrico (stretching mandibolare)
In odontoiatria lo stretching muscolare prende il nome di “Stretching mandibolare”, infatti è alla mandibola che viene fatto compiere un esercizio di stretching statico o dinamico o per meglio dire ai muscoli elevatori (masseteri e temporali) che permettono il movimento di apertura-chiusura, della bocca.

In realtà anche in questa disciplina specialistica lo stretching è utilizzato già da molto tempo pur rimanendo poco conosciuto alla grande maggioranza degli operatori e dei pazienti.

La pratica dello stretching può essere effettuata anche senza ausili ma l’esperienza ci ha insegnato che non si riesce ad ottenere il beneficio sperato, ed in tempi brevi, poiché non è una pratica di facile controllo e di facile comprensione per il paziente, nella Figura 1 si può osservare la rappresentazione di un esercizio di stretching statico fatto dal paziente.


Fig. 1


2. I DISPOSITIVI MEDICI PER STRETCHING MANDIBOLARE
Per ottenere l’effetto desiderato, durante il corso degli anni si è dato forma ad una serie di dispositivi per eseguire uno stretching assistito, cioè un dispositivo che aiuti il paziente alla corretta esecuzione dello stretching, serie che potremmo riassumere in tre diverse tipologie principali.

2.1 Bite
Forse il dispositivo più conosciuto in assoluto, una sorta di “morso” (costruito con una certa altezza per ottenere un allungamento muscolare) da tenere in bocca durante il giorno o più facilmente durante la notte per l’esecuzione dello stretching statico. Generalmente fabbricato in resina è un dispositivo fatto appositamente ed esclusivamente per un paziente; nella Fig. 2 è raffigurato un tipo di bite;



Fig. 2

2.2 Splint distraente
Sicuramente meno conosciuto, somiglia molto all’“apparecchio dei bambini”, si utilizza per eseguire lo stretching mandibolare dinamico. 

E’ sempre in resina ed ha delle molle che permettono l’apertura e chiusura della bocca ovvero permettono di eseguire uno stretching mandibolare dinamico. 

Si tratta ovviamente anche in questo caso di dispositivi realizzati solo ed esclusivamente per un paziente; nella figura 3 Si possono vedere alcuni esempi.



Fig. 3

2.3 Dispositivo in serie
Ultimo, ma non ultimo, abbiamo uno strumento fabbricato in serie, un apparecchio che permette di far eseguire l’esercizio di stretching mandibolare indistintamente a qualsiasi paziente. 

Nato originariamente per le riabilitazioni post operatorie viene oggi impiegato per sfruttare al massimo tutti i benefici derivanti dallo stretching mandibolare. 

Con questi strumenti si può eseguire sia lo stretching dinamico sia lo stretching statico anche se potendo scegliere è sicuramente più vantaggioso eseguire l’esercizio dinamico. 

Ve ne sono di diversi tipi. I due principali, maggiormente conosciuti, protetti da brevetto, sono il “THERABITE” della svedese ATOS MEDICAL AB (Fig. 4) e lo “SPRING DEVICE” dell’italiana QUASAR DENTAL EQUIPMENT (Fig. 5).

         Fig. 4 - "Therabite"                         Fig. 5 - "Spring Device" 


3. GLI EFFETTI DELLO STRETCHING MANDIBOLARE
Sugli effetti dello stretching in generale e dello stretching mandibolare ci sono veramente “fiumi” di letteratura, chiunque può con estrema facilità reperirne sulla rete (internet) autori e lavori diversi, dai nomi più ignoti a quelli più autorevoli, da tesi di laurea a monografie fino a testi.

Alla fine di questo brevissimo testo divulgativo riporteremo, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, una parte di riferimenti bibliografici che esistono sullo stretching.

Quello che è importante comprendere è che se si desidera consultare la bibliografia, si deve ricercare quella sullo stretching e non tanto sui dispositivi che permettono la sua esecuzione; il beneficio lo si trae dall’esercizio di stretching mandibolare, gli strumenti sono solo un mezzo per eseguirlo in maniera assistita cioè per facilitarne l’esecuzione sia al medico sia al paziente.

Si ricorda che sistemi come i bite o gli splint distraenti sono dispositivi medici su misura e sui criteri costruttivi e uso dei quali esiste una vasta letteratura specifica.

I dispositivi fabbricati in serie, come il Therabite e lo Spring Device,  sono dispositivi medici marcati CE e regolarmente registrati al Ministero del proprio paese. Su questi più che una ricerca bibliografica può essere maggiormente utile una valutazione funzionale o economica, valutare cioè qual è di più facile uso o quale ad esempio ha un costo minore di acquisto e manutenzione e quindi maggiormente accessibile all’odontoiatra e/o al paziente.

Potremmo riassumere brevemente gli effetti che si possono ottenere dallo stretching in un elenco che andremo ad esporre facendo riferimento all’impiego dei dispositivi fabbricati in serie in quanto sono quelli che potremmo definire più flessibili nell’uso e più adatti a cicli estemporanei o ripetitivi di stretching mandibolare:

1- Terapia del Trisma e/o ipomobilità mandibolare;
2- Terapia del dolore e dei disturbi temporo-mandibolari in soggetti  sottoposti a terapia ortodontica, nei quali non è possibile utilizzare bite per la presenza di attacchi;
3- Trattamento del dolore e dell’infiammazione dei muscoli e dell’articolazione temporo-mandibolare e prevenzione della degenerazione della cartilagine;
4- Terapia di rilassamento muscolare per l’agevolazione delle registrazioni dei rapporti intermascellari, per favorire la terapia protesica, bite ecc.;
5- Trattamento preventivo pre-estrattivo (avulzione dentale);
6- Terapia di trattamento post chirurgia maxillofacciale;
7- Terapia e trattamento del bruxismo;
8- Riduzione fisiologica dello stress.



3.1 Alcuni esempi di impiego dei dispositivi medici in serie per stretching muscolare
E’ inutile negare, non possiamo essere “super partes” nell’esposizione dei dispositivi fabbricati in serie ed infatti andremo a presentare le possibilità di impiego dello Spring Device, tuttavia per onestà intellettuale dobbiamo nuovamente sottolineare che l’attenzione deve focalizzarsi sullo stretching mandibolare e sugli  gli effetti benefici che questo produce sul paziente e  non tanto sul dispositivo che ne permette l’esercizio assistito; aldilà delle caratteristiche tecniche, funzionali ed economiche tutti i dispositivi con questa stessa destinazione d’uso possono infatti andar bene.

Ma vediamo le modalità d’uso:
Si raccomanda innanzitutto un utilizzo iniziale del dispositivo per pochi minuti (es. due minuti) aumentando il tempo d’uso gradualmente.

La terapia, l’esercizio, va comunque interrotta in caso di comparsa di dolore, gli esercizi possono poi essere ripresi gradualmente dopo un breve periodo di tempo stabilito dall’odontoiatra.

3.2 In studio
Tutti coloro che vivono l’esperienza delle cure odontoiatriche con particolare stress possono ottenere una riduzione fisiologica di questo, in pratica si ha lo stesso tipo di effetto della pallina antistress da stringere con la mano ma molto più efficace, che renderà il paziente più trattabile concedendogli al contempo una maggiore capacità di mantenere la bocca aperta.

Si ottiene quindi uno stato di benessere ed equilibrio psicofisico, un concetto questo di wellness in odontoiatria dove  il benessere della persona è al centro dell'attenzione.

Nel caso poi il dentista sia in ritardo con la seduta del paziente precedente l’impiego del dispositivo ci permette inoltre di dare comunque inizio alla seduta all’orario stabilito, con il paziente successivo.

Si guadagnano così quei 10/20 minuti che ci permettono di ridurre il ritardo e di non dare l’impressione di trascurare il paziente in favore di un altro.

3.3 Uso domiciliare del dispositivo per breve periodo (7-10 giorni)
In questo caso si consiglia un ciclo di esercizi di stretching per almeno tre volte al giorno, della durata di dieci minuti ciascuno, per una settimana prima dell’intervento, quando è necessario che la bocca:
- Acquisti maggiore elasticità muscolare, facilitando prolungate sedute odontoiatriche. Implantologia guidata, estrazioni complesse o multiple;
- Aumenti la sua apertura con vantaggio per il paziente (che soffre meno) e per il dentista (che lavora meglio);
- Aumenti la capacità di apertura per rendere più agevole e corretto il rilevamento delle dimensioni verticali ed in particolar modo la dove vi è la necessità di recuperare uno spazio che nel paziente si è ridotto nel tempo;
- Permettere con maggiore facilità al sistema neuromuscolare di “accettare” una nuova dimensione verticale (protesi nuova) o modifiche del rapporto interdentale (es. bite).

3.4 Uso domiciliare del dispositivo per lungo periodo anche in associazione al bite
Da effettuarsi sempre almeno tre volte al giorno per 10 minuti. Le indicazioni sono:

- La presenza di dolore dell’articolazione temporomandibolare.

Ricordiamo che le Linee Guida dell’Accademia Americana del dolore orofacciale raccomandano, come già detto, un approccio multidisciplinare al disordine temporomandibolare (Temporo Mandibular Disorder TMD).

La raccomandazione dell’Accademia è quella di associare il bite a fisioterapia; lo “spring device” ne aumenta la compliance.

Tale associazione è di particolare importanza in presenza di bruxismo.

- Uso prolungato preventivo nell’ortodonzia, specie dell’adulto, soprattutto ogniqualvolta cominci una certa contrattura muscolare. L’insorgere di dolore rende il caso complicato per l’impossibilità di usare bite in presenza di attacchi ortodontici.

- Trisma od ipomobilità post terapia maxillofacciale, un paziente affetto da questi potrà essere sottoposto a terapia guidata, magari con controlli periodici, per decontrarre i muscoli e aumentare la mobilità articolare.

In caso di trattamento prolungato nel tempo (alcuni mesi) può essere valutata la possibilità di ridurre la frequenza degli esercizi.

A tutto questo si aggiunge che questa attività svolge anche una funzione preventiva nella degenerazione della cartilagine dell’ATM.

Ma tutto questo lo si può forse tradurre in una tabella (Fig. 6) che come le indicazioni fin qui mostrate è sempre a titolo esemplificativo.

Fig. 6

4. SPRING DEVICE - COME SI USA

4.1 Spring Device
Lo spring device è fabbricato in acciaio inossidabile (a –Fig. 7). Alle sue estremità sono poste due basi di appoggio a forma di mezza luna (b – Fig. 7) parti sulle quali vengono situate due basette in silicone alimentare (c – Fig. 7) che sono poi le basi su cui poggiano i denti. 
Le basette sono disinfettabili e sterilizzabili (autoclavabili) e quindi riutilizzabili.


Fig.7


4.2 Come si usa
Si posizionano le basette (1 – Fig. 8) sulle “mezze lune” del dispositivo (2 – Fig. 8); 

Fig. 8


Si inserisce il dispositivo in bocca (Fig. 9) e si inizia l’esercizio di chiusura-apertura-chiusura della mandibola.


Fig. 9


5. CONTROINDICAZIONI
Lo stretching mandibolare ed in particolar modo l’uso dei dispositivi in serie è controindicato in caso di:

5.1 Pazienti con problemi ossei della mascella o della mandibola es.:
1- Frattura, anche sospetta della mascella o della mandibola;
2- Infezioni, es. osteomielite;
3- Danni da osteoradionecrosi.



5.2 Pazienti con problemi dentali:

Prima di utilizzare il dispositivo va esclusa la presenza di problemi dentali quali:

1- Denti anteriori rotti poiché la chiusura della bocca sul dispositivo potrebbe provocarne o facilitarne la definitiva rottura, è vero che la forza applicata sui “bite” del dispositivo non è quasi sicuramente superiore a quella esercitata durante la masticazione di normali cibi duri (es. pane o carne) ad ogni modo è bene essere prudenti;

2- Presenza di protesi fissa cementata con un cemento temporaneo per evitare che questa distacchi;

3- Presenza di denti con grosse ricostruzioni (magari già danneggiate) poiché queste potrebbero rompersi.
5.3 Presenza di malattia parodontale:
In caso di denti mobili vi è il rischio che questi possano cadere.

E’ bene poi valutare la stabilità di eventuali protesi ceramiche fisse.


5.CONCLUSIONI
Lo stretching mandibolare statico ed ancor di più quello dinamico porta grandissimi vantaggi al paziente ed all’odontoiatra.

La migliorata mobilità mandibolare, la deprogrammazione muscolare, il movimento articolare, sono tutti risultati che portano benefici oggettivi al paziente in termini di scomparsa del dolore, miglioramento dell’umore, miglioramento delle terapie odontoiatriche.

Anche l’odontoiatra trae vantaggio dallo stretching mandibolare eseguito sul paziente in quanto è di ausilio alle pratiche quotidiane, con un paziente maggiormente trattabile, ed in tutte le terapie dove riesce a togliere dolore, ad ottenere spazi maggiori ed a permettere una eventuale correzione della terapia in atto.

L’impiego di dispositivi medici in serie per stretching mandibolare facilita l’applicazione degli esercizi indistintamente per tutti i pazienti, questi dispositivi possono essere utilizzati sia dall’odontoiatra sia dal paziente con estrema flessibilità nell’impiego per diverse terapie, flessibilità di tempo e luogo di esecuzione.

6 BIBLIOGRAFIA (commentata)
Come anticipato a titolo esemplificativo ma non esaustivo elenchiamo alcuni autori che hanno trattato lo stretching.

Collana di Odontoiatria Pratica Progressi in odontoiatria vol. 3 Mario Molina Domenico Viscuso Gnatologia Stato dell’arte sui disturbi cranio-mandibolari UTET. Lo stretching mandibolare in questo libro è dettagliatamente discusso, ma non ci sono riferimenti bibliografici alla letteratura internazionale. Riportiamo alcuni pezzi.

La terapia del dolore miofasciale da punti trigger, oltre che nella individuazione ed eliminazione delle cause scatenanti, consiste nello stretching dei muscoli interessati.

Lo stretching si può eseguire nelle seguenti forme:

- self stretching, in cui il paziente esegue al proprio domicilio gli esercizi (nella Figura I 5 si spiega che si applica su masseteri e temporali); a)

- stretching assistito, in cui è il terapeuta che effettua le manovre di allungamento muscolare;

- stretching e spray, in cui il terapeuta associa all'allungamento del muscolo lo spray superficiale a livello della bandeletta contratta con cloruro di etile;

- stretching associato a infiltrazione anestetica, in cui il terapeuta effettua l’allungamento del muscolo subito dopo aver iniettato anestetico locale nella bandeletta contratta. Pag. 109

……… Inoltre in seguito a studi (Palla, 2001) è stato dimostrato che è utile sottoporre il paziente a qualsivoglia trattamento fisio-terapico piuttosto che lasciarlo privo di assistenza. b) Sebbene prove cliniche ben controllate non siano state ancora pubblicate, essa viene riconosciuta come un efficace e conservativo metodo di trattamento. Come già accennato, è utile che il paziente venga addestrato a eseguire lui stesso a casa propria le modalità di trattamento in modo che diventi indipendente. Ciò è anche notevolmente benefico dal lato psicologico. Pag. 117

………… Gli esercizi di stretching sono utili per curare i muscoli induriti e dolorosi e per migliorare il loro rilassamento (dolore muscolare ritardato, splintaggio, contrattura, punti trigger). b) Essi inoltre aumentano il raggio dei movimenti delle articolazioni. c)

Per ottenere il rilassamento muscolare, un certo risultato può essere conseguito forzando I'apertura della bocca contro una resistenza opposta dal pugno appoggiato sotto il mento. Viene sfruttato in tal caso il principio dell'innervazione reciproca. Per migliorare la forza muscolare sono consigliati gli esercizi di stabilizzazione e isometrici durante i quali si esercita un'azione contro le dita che spingono in una direzione opposta…….. d)

Gli esercizi di coordinazione servono per ottenere una funzione muscolare coordinata e ritmica. Essi vanno bene nel caso di sublussazioni di un'ATM ipermobile. Funzionano anche nei pazienti che esibiscono deviazioni nell'esecuzione dei movimenti a causa di iperattività muscolari ………

Molti pazienti non compiono gli esercizi se ciò aumenta il dolore. In tali casi il medico deve ottenere per prima cosa un alleviamento dei sintomi attraverso altri mezzi (placche, farmaci o consigli comportamentali). Una volta che il paziente ha ottenuto un buon risultato, il programma terapeutico deve essere rivalutato e modificato per mantenere nel tempo una funzione ottimale. In ogni caso sconsigliamo di fornire al paziente un programma di esercizi complicato e/o che necessiti troppo tempo per essere eseguito, perché c'è il rischio che il paziente si stanchi e non esegua quanto stabilito. Pensiamo che uno o due esercizi siano la scelta ottimale. e)

Tali tecniche sono simili a quelle usate per lo stretching muscolare e consistono in movimenti forzati di apertura e lateralità della mandibola sia da parte del terapista che autogestiti dal paziente …..

Nonostante che con tali manovre si aumenti decisamente il raggio di apertura della bocca, non pare che si ottenga una riduzione completa anatomica del disco (Okeson 1966). Ovviamente movimenti passivi devono essere eseguiti sia dall’operatore che dal paziente dopo interventi di chirurgia all’ATM, come quelli effettuati sulle altre articolazioni del corpo umano. f)

Dal libro di S. Palla “Mioartropatie del sistema masticatorio e dolori orofacciali” RC Libri 2001

Trattamento fisioterapico pag. 357

La fisioterapia viene largamente impiegata nel trattamento di quasi tutte le malattie reumatiche. Le misure fisioterapiche non sono da considerarsi terapie secondarie o di affiancamento ma sono parte integrante del piano terapeutico globale. Vengono raccomandate da diversi Autori anche come terapia delle mioartropatie ritenute, come detto, malattie reumatiche. d)

1. Burgess JA, Sommers EE, Truelove EL, et a/. Short-term effect of two therapeutic methods on myofascial pain and dysfunction of the masticatory system. J Prosthet Dent 1988; 60:606-610.

2. Clark GT, Adachi NY, Dornan MR. Physical medicine procedures affect tempomandibular disorder: a review. J Am Dent Assoc 1990; 121: 151-162

3. Selby A. Physiotherapy in the management of temporomandibular disorders. Aust Dent J 1985; 30: 273-280.

4. Sturdivant J, Fricton_JR. Physical therapy for temporomandibular disorders and orofacial pain. Curr Opin Dent 1991;1:485-496.

5. Zarb GA, Carlsson GE, Rugh JD. Clinical management. In: Zarb GA. Carlsson GE, Sessle BJ, et al. (eds). Temporomandibular joint and masticatory muscle disorders. Copenhagen: Munksgaar d, 1994; 529-548.

Nonostante manchi evidenza scientifica circa la validità terapeutica della fisioterapia (vedi in seguito), l'autotrattamento del paziente con esercizi e modalità fisioterapiche ha, anche per la nostra scuola, una posizione di rilievo perché il paziente viene coinvolto fin dall'inizio nella terapia e diventa corresponsabile della sua guarigione. Inoltre, pure in base ai risultati di uno studio (Feine JS, Lund JP. An assessment of the efficacy of physical therapy and physical modalities for the control of chronic muscoloskeletal pain. Pain 1997; 71: 5-23.), risulta opportuno sottoporre il paziente a un qualsivoglia trattamento fisioterapico piuttosto che lasciarlo privo di "attenzioni".

Gli obiettivi del trattamento fisioterapico sono:

1.controllo del dolore;

2. diminuzione del tono e allungamento dei muscoli masticatori accorciati;

3. mobilizzazione delle articolazioni ipomobili. d)

Questi risultati vengono raggiunti con:

1.termoterapia;

2.massaggio;

3.esercizi di stretching:

4.esercizi di stabilizzazione e di coordinazione,

5. esercizi di mobilizzazione.

Anche gli esercizi di stretching hanno lo scopo di diminuire il tono muscolare e sono particolarmente efficaci quando la muscolatura viene precedentemente contratta (stiramento post-isometrico. g)

Lewit K, Simons DG. Myofascial pain: relief by post-isometric relaxation. Arch Phys Med Rehabil 1984; 65: 452-456.

Vi sono tre tipi di tecniche:

1. lo stretching ballistico,

2. lo stretching statico;

3. lo stretching contrazione-rilassamento o contrazione-rilassamento-contrazione del muscolo agonista; quest'ultima tecnica viene spesso chiamata Proprioceptive Neuromuscular Facilitation (PNF) g)

· Anderson B, Burke ER. Scientific, medical, and practical aspects of stretching. Clin Sports Med 1991; 10: 63-86.

· Magnusson SP. Passive properties of human skeletal muscle during stretch maneuvers. A review. Scand J Med Sci Sports.

Nello stretching statico il muscolo viene allungato il più possibile e mantenuto in questa posizione per 15/30 sec. La tecnica PNF si basa sul principio dell’innervazione reciproca: il muscolo viene allungato e, mentre si trova in stato di stretching, viene contratto per 6/8 sec. al 50- 100% del valore massimo. Alla contrazione segue una nuova fase di stretching. 

Gli esercizi di stretching, cioè di allungamento della muscolatura, sono una pratica comunemente usata per curare muscoli induriti e dolorosi, per migliorare le prestazioni sportive, per prevenire lesioni muscolari, per diminuire l’indolenzimento muscolare post-esercizio e per aumentare l'ampiezza del movimento. d)

· Lewit K, Simons DG. Myofascial pain: relief by post-isometric relaxation. Arch Phys Med Rehabil 1984; 65: 452-456.

· Magnusson SP. Passive properties of human skeletal muscle during stretch maneuvers. A review. Scand J Med Sci Sports 1998; 8: 65-67

Indipendentemente da quanto affermato, I‘evidenza che gli esercizi di stretching abbiano un effetto positivo sul dolore è perlomeno debole, almeno per quanto riguarda l'indolenzimento muscolare ritardato o post-esercizio.

È accertato, invece, che gli esercizi di stretching aumentano l'ampiezza del movimento c); questo aumento è stato attribuito a una diminuita inibizione della resistenza muscolare allo stretching, a un cambiamento delle proprietà meccaniche del tessuto muscolare e a una maggiore tolleranza dell’ individuo allo stretching stesso: quest'ultima causa sembra essere la più verosimile. La tecnica PNF è quella che produce un maggiore allungamento dei muscoli e, quindi, un maggiore aumento dell'ampiezza del movimento.

· Halbertsma JP, Goeken LN. Stretching exercises: effect on passive extensibility and stiffness in short hamstrings of healthy subjects (see comments). Arch Phys Med Rehabil 1994,75:976-981.

· Magnusson SP. Passive properties of human skeletal muscle during stretch maneuvers. A review. Scand J Med Sci Sports.

Un'ampia ricerca bibliografica, condotta con criteri scientifici, sulla efficacia di varie modalità fisioterapiche per la cura di alcune forme del dolore muscolo-scheletrico, tra cui anche quello da mioartropatia, giunse alle seguenti conclusioni:

• tutte le terapie valutate non hanno arrecato un miglioramento della sintomatologia dei dolori cronici muscolo-scheletrici o della qualità di vita del paziente tale da perdurare oltre il periodo di terapia: il paziente, quindi, ricava un beneficio di breve durata dalla maggior parte delle misure fisioterapiche; h)

• a lungo termine, il successo della fisioterapia non è superiore a quello di un trattamento placebo;

• aumentando il numero delle sedute terapeutiche si ottengono risultati più soddisfacenti; i)

• i pazienti ricavano maggiore giovamento nel caso in cui vengano sottoposti a un qualunque trattamento fisioterapico che in caso contrario. J)

Feine JS, Lund JP. An assessment of the efficacy of physical therapy and physical modalities for the control of chronic muscoloskeletal pain. Pain 1997; 71: 5-23.

Da questi risultati si può desumere che, tutte le modalità terapeutiche producano il loro effetto positivo mediante un meccanismo di azione comune che riduce paura, depressione e ansia:

Malone MD, Strube MJ, Scogin FR. Meta-analysis of non-medical treatments for chronic pain (published erratum appears in Pain 1989 Apr;37(I):1281(see comments). Pain 1988; 34:23]1-244.

I pazienti potrebbero pensare meno al dolore, impegnandosi e concentrandosi su altro, se informati in maniera esaustiva e rassicurante sulla loro situazione attuale e sul loro futuro. k)

Feine JS, Lund JP. An assessment of the efficacy of physical therapy and physical modalities for the control of chronic muscoloskeletal pain. Pain 1997; 71: 5-23.)

È noto come, distogliendo l'attenzione dal dolore, questo decresca in intensità. k)

· Bushnell MC, Duncan GH, Chen JI, et al. Non-invasive brain imaging during experimental and clinical pain. In: Devor M. Rowbotham MC, Wiesenfeld-Hallin Z (eds). Proceedings of the 9th world congress on pain (Progress in pain research and management, Vol 16). Seattle: IASP Press, 2000; 485-495

· Wall PD. Pain in context: the intellectual roots of pain research and therapy. In: Devor M, Rowbotham MC, Wiesenfeld-Hallin Z (eds). Proceedings of the 9th world congress on pain (Progress in pain research and management, Vol 16). Seattle: IASP Press ,2000; 19-33

Capitolo intitolato: “esercizi di stretching e di mobilizzazione” a pag 396 (segue bibliografia)

Gli esercizi di stretching e di mobilizzazione sono indicati:

· come terapia, nei casi di ipomobilità della mandibola;

· come profilassi dei pazienti che para funzionano ed anche nei pazienti con difficoltà a mantenere la bocca aperta o ad aprirla sufficientemente durante la terapia odontoiatrica. 

Al paziente viene richiesto di aprire completamente la bocca sei volte al giorno per sei volte consecutive, mantenendo questa posizione per almeno dieci secondi (fig 6 e 7 pag 397). Per i pazienti che presentano difficoltà a mantenere la bocca aperta può essere indicato eseguire lo stretching introducendo tra gli incisivi una serie di spatole di legno sovrapposte, tante quanto possono essere spostate avanti ed indietro con la bocca in massima apertura (fig. 7) l’esercizio è svolto in maniera corretta quando le spatole non vengono morse.

Qualora si voglia raggiungere una maggiore apertura della bocca mediante uno stretching post isometrico è necessario:

· mordere le spatole per sei secondi con una leggera pressione;

· rilassare la muscolatura;

· a rilassamento avvenuto, aprire massimamente la bocca;

· appena possibile introdurre una nuova spatola.

Ripetere questo esercizio tre-quattro volte.

Bibliografia:

1. Evjenth O, Hamberg J. Muscle stretching in manual therapy. A clinical manual. Vol II. The spinal column and the temporomandibular joint. Alfta: Alfta Rehab Forlag, 1984; 88-95.

2. Feldenkrais M. Awareness through movement. New York: Harpers and Row, 1972.

3. Kaltenborn FM. Manuelle Mobilisation der Extremitaten-gelenke. 9 ed. Oslo: Olaf Norlis Bokhandel, 1992; 114-179.

4. Maitland GD. Peripheral manipulation. 3 ed. Oxford: Butterworth-Heinemann, I 991.

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Considerazioni riguardanti la tecnica di stretching manuale

a) Tutti gli autori che consigliano lo stretching non lo limitano alla pratica nello studio odontoiatrico, ma ne consigliano lo svolgimento presso il domicilio del paziente, in modo che sia addestrato a divenire indipendente nel controllo del dolore. Ciò è anche notevolmente benefico dal lato psicologico. Si tratta quindi di pratica innocua, in tutta la bibliografia succitata non è descritto nessun caso di evento sfavorevole ne grave, ne lieve.

b) Pur avendo un ruolo non fondamentale nella terapia del dolore è un valido ausilio terapeutico se integrato nella terapia odontoiatrica del dolore temporomandibolare.

c) Aumenta considerevolmente il raggio dei movimenti delle articolazioni (allungamento muscolare) aumentando l’apertura della bocca. Controlla il dolore. Questa cosa rappresenta un indubbio beneficio perché consente all’odontoiatra di lavorare più agevolmente in ogni situazione (conservativa, endodonzia, chirurgia, implantologia, ecc). Nello stesso tempo riduce la fatica del paziente ed il rischio che il mantenere la bocca aperta a lungo possa indurre comparsa o peggioramento del dolore muscolare. Nel caso delle estrazioni dentali considerare che oltre che stare a lungo con la bocca aperta viene fatta anche una forza asimmetrica all’interno del cavo orale e che spesso coincidono con la comparsa di dolori ai muscoli del sistema masticatorio. L’indicazione alla implantologia guidata necessita di aperture maggiori del cavo orale da mantenersi per un tempo lungo.

d) Gli esercizi attualmente descritti avvengono forzando I'apertura della bocca contro una resistenza opposta dal pugno appoggiato sotto il mento, oppure sono consigliati gli esercizi di stabilizzazione e isometrici durante i quali si esercita un'azione contro le dita che spingono in una direzione opposta. L’uso di una molla semplice compressa facilita lo svolgimento dello stretching agendo nella stessa maniera, contrazione contro forza. La fisioterapia viene largamente impiegata nel trattamento di quasi tutte le malattie reumatiche, comprese le mioartropatie. Le misure fisioterapiche sono parte integrante del piano terapeutico globale. Nella presenza di contrattura dei muscoli del sistema temporo mandibolare e del rilevamento del rapporto tra le arcate dentali (morso, miocentrica, rapporto cranio mandibolare, ecc.) consente la possibilità di rilassare la muscolatura. Ciò permette una migliore valutazione del sistema masticatorio (compresa la possibilità di aumentare gli spazi tra le arcate) ed una più facile rilevazione del rapporto intermascellare, indipendentemente dalla tecnica prescelta. Rilassare la muscolatura ed aumentare l’apertura della bocca consente di applicare con maggiore facilità la tecnica prescelta, gnatologia classica, tecnica di Planas, Alonso, Jankelson, ecc.

e) La letteratura scientifica sconsiglia di fornire al paziente un programma di esercizi complicato e/o che necessiti troppo tempo per essere eseguito, perché c'è il rischio che il paziente si stanchi e non esegua quanto stabilito. Uno o due esercizi sono indicati come la scelta ottimale. lo svolgimento della fisioterapia con il “dinamic oral stretching” consente di semplificare al massimo l’esecuzione degli esrecizi fisioterapici.

f) È utile nella chirurgia a carico dell’articolazione temporo mandibolare.

g) I movimenti di stretching sono particolarmente efficaci quando la muscolatura viene precedentemente contratta (stiramento post-isometrico). Lo stretching contrazione-rilassamento o contrazione-rilassamento-contrazione del muscolo agonista chiamata Proprioceptive Neuromuscular Facilitation (PNF) è superiore ad altri tipi di stretching (es. statico). Il muscolo viene allungato e, mentre si trova in stato di stretching, viene contratto per 6/8 sec. al 50- 100% del valore massimo. Alla contrazione segue una nuova fase di stretching. Applicare con facilità questa metodica è possibile con il dispositivo chiamato “dinamic oral stretching”.

h) Tutte le terapie valutate hanno arrecato un miglioramento della sintomatologia dei dolori cronici muscolo-scheletrici o della qualità di vita del paziente finché dura il periodo di terapia: il paziente, quindi, ricava un beneficio dalla maggior parte delle misure fisioterapiche;

i) aumentando il numero delle sedute terapeutiche si ottengono risultati più soddisfacenti;

j) i pazienti ricavano maggiore giovamento nel caso in cui vengano sottoposti a un qualunque trattamento fisioterapico che in caso contrario. 

k) Tutte le modalità terapeutiche producono il loro effetto positivo mediante un meccanismo di azione comune che riduce paura, depressione e ansia. Distogliendo l'attenzione dal dolore, questo decresce in intensità. Dover usare una molla da stretching “distrae” il soggetto aiutandolo a ridurre l’intensità del dolore.

Il “TheraBite” un dispositivo simile con le stesse indicazioni

Dal sito http://www.atosmedical.com/Corporate/Focus_areas/Mouth_and_Jaw/The_TheraBite_System.aspx si legge:

Il TheraBite ® Jaw Motion Riabilitazione System ™ è un sistema portatile appositamente progettato per trattare Trisma e l’ipomobilità mandibolare. Il sistema utilizza un movimento ripetitivo passivo e stretching per una efficace terapia riabilitativa mandibola utile a:

· Ripristinare la mobilità e la flessibilità della muscolatura della mandibola, delle articolazioni, e dei tessuti connettivi, quindi aumenta l’apertura della mascella, questa mobilitazione è di vitale importanza nella riduzione dell’infiammazione e del dolore. L’apertura bocca può essere limitata da fattori interni per esempio, anchilosi ossea, artrite, infezioni, traumi; una cicatrice del tessuto fibroso può causare irrigidimento delle articolazioni e dei muscoli e richiede stretching per riallungare le fibre collagene. Probabilmente anche un microtrauma può comportare il bruxismo..

· Contrasta il dolore muscolare (miofasciale,) di solito causato da infiammazione anomala che crea la pressione sui nervi, muscoli e ossa. Questo processo infiammatorio può essere corretto mediante esercizi di movimento passivo.

· Trisma mandibolare; è una condizione debilitante che può colpire persone di tutte le età. Se non trattata adeguatamente e tempestivamente, la condizione può peggiorare e avere un impatto negativo sulla qualità della vita.

· Dopo la chirurgia e la irradiazione mascellare; la articolazioni che sono state immobilizzate possono subire cambiamenti degenerativi in pochi giorni.

· Disturbi dell’articolazione temporomandibolare (ATM); 

· Traumi dell’ATM.

· aiuta ad aumentare la massa e la resistenza muscolare nei muscoli ipotonici;

· ridurre l'ansia nei pazienti, consentendo loro di controllare la funzionalità muscolare.

· rafforzare i muscoli della mascella indeboliti.

Nel sito vengono approfonditi i meccanismi che portano a trisma e vengono affrontati diversi meccanismi fisiopatogenetici correlati. 

Il trisma può derivare da danno muscolare, articolare, rapida crescita di tessuto connettivo (cicatrici), o una combinazione di questi fattori.
alterazioni del sistema nervoso centrale, lesioni del trigemino, tossicità da farmaci e da droghe possono anch’esse limitare l'apertura della bocca.
Il trisma mandibolare può comparire a seguito di:

· estrazione del terzo molare 

· iperestensione, 

· ematoma secondario a iniezione del dentista, 

· come effetto ritardato della fissazione dopo frattura mandibolare o altri traumi. 

· Terapia radiante alla testa e del collo.

· Chirurgia della testa e del collo

· Disturbi dell’ATM

· Infezioni 

· Malattie sistemiche, ad esempio, artrite reumatoide o sclerodermia

· traumi diretti della testa e del collo;

· Trauma indiretto, ad esempio, colpi di frusta

· Ustioni del viso 

· Stress-indotta disturbi, ad esempio, bruxismo.

· Congenita (alla nascita)

· da malattie ereditarie

· da invecchiamento

Indipendentemente dalla causa immediata, Trisma (mandibolare hypomobility) sarà in ultima analisi, degenerazione dei muscoli e delle articolazioni. Gli studi hanno dimostrato che i muscoli che non riescono a passare attraverso la loro gamma di moto per non più di 3 giorni inizia a mostrare segni di atrofia.

Allo stesso modo, le articolazioni che sono immobilizzate rapidamente iniziano a mostrare cambiamenti degenerativi come l’ispessimento del liquido sinoviale e l’assottigliamento della cartilagine.

Quando i pazienti ricevono trattamento con radiazioni nella testa e del collo, Trisma può progredire lentamente e anche inosservato per mesi, provocando cambiamenti secondari di muscoli e articolazioni. 

Pertanto, il trattamento costituito da dolce movimento passivo dovrebbe iniziare il più presto possibile.

Nel Manuale di istruzione allegato si descrivono le seguenti indicazioni:

Il sistema TheraBite aiuta a raggiungere:

1.Apertura corretta della mandibola: tramite l'allungamento dei tessuti connettivi mobilitando le articolazioni allungando interamente i muscoli.

2.Riduzione del dolore e dell'infiammazione.

3.Mobilitazione passiva dell'articolazione Le ricerche hanno messo in luce gli effetti benefici della mobilitazione nella gestione dei disturbi articolari. Il movimento è necessario per prevenire la degenerazione della cartilagine, lo strato tissutale che riveste la maggior parte delle superfici articolari. 

4. In molti casi può stimolare la guarigione dell'articolazione e ridurre il dolore e il gonfiore.

5. Allungando e rilassando i muscoli, gli esercizi di mobilitazione graduale possono aiutare i pazienti affetti da dolori muscolari a migliorare il movimento. 

6.Il movimento passivo può inoltre offrire dei vantaggi terapeutici, specie nel periodo post-operatorio.

Questo esercizio di riabilitazione della mandibola è efficace quando si svolge tutti i giorni. Consente di essere usato ovunque il paziente si trovi.

Il sistema TheraBite è stato usato con successo da migliaia di individui affetti da Trisma.

In paesi come gli Stati Uniti (Medicare) e la Germania, il sistema TheraBite sistema è approvato per il rimborso da parte dell’assicurazione. Questa norma varia da stato a stato e da paese a paese.

Una scala usa e getta consente di misurare il raggio di movimento in scala consente ai pazienti e ai loro medici di misurare l'esatta apertura mandibolare e monitorare i progressi.

Un grafico consente di valutare la misurazione dei progressi del paziente
e consente agli utenti e ai loro medici di monitorare i progressi, attraverso un feedback visivo ….

La mano di aiuto assiste il paziente a mantenere costante l'apertura statica e la forza applicata durante lo stretching.

È preferibile che la terapia con TheraBite sia seguita da personale sanitario.

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LINK CORRELATI

>RECUPERO FISICO NELLE PRESTAZIONI SPORTIVE CON LO STRETCHING MANDIBOLARE (informazioni di sintesi)

>Stretching mandibolare dinamico